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Dubai 4° ed ultima puntata

15 mercoledì Feb 2012

Posted by Admin in Dubai, Reportage, Street photography

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Dubai, Emirati uniti, fotografia, the walk, viaggio

Eravamo rimasti alla camminata The Walk .

Gruppi di ragazzi e ragazze, ben separati, si incrociano, si sfiorano. Apparentemente gli uni e gli altri sembrano non guardarsi né cercarsi mai. Ma se osservi con attenzione, scopri che le loro direzioni non sono casuali, sembrano fatte apposta per vedersi, per inseguirsi. Ciò che avviene non è poi molto diverso da quello che accade in una normale via dello struscio in una qualsiasi città italiana, con l’eccezione che là i gruppi ancora non si uniscono e non interagiscono alla luce del sole, ma sono quasi sicuro che alla mia prossima camminata potrò assistere anche a questo.

Dubai, The Walk.

Se ti guardi attorno, distogli l’attenzione dalle persone sul marciapiede e ti giri verso la strada scopri un altro tipo di struscio : è in corso lo struscio delle auto.

Nell’unica corsia per senso di marcia, auto super lusso sfilano lentamente e rumorosamente, cercano di cogliere l’attenzione dei pedoni, vogliono farsi ammirare.

All’inizio della mia passeggiata pensavo che quel caos fosse solo il traffico ed infastidito avevo cercato di non dargli ascolto. Ho provato a neutralizzare il fastidio ignorandolo, ma i miei tentativi sono in breve naufragati e il rumore ha vinto, costringendomi a dargli retta.

Ecco che quel gran frastuono mi è apparso nella sua vera veste: era in corso la fiera delle vanità.

Dubai, The Walk, lo struscio delle auto.

Motori mandati su di giri, casse di buona qualità e potenti sub-woofer sparano, dall’interno delle auto top model, musica carica di centinaia di decibel che si diffonde sul marciapiede, tra la gente. Giovani ragazzi alla guida delle loro auto che affacciati al finestrino guardano noi pedoni.

Dopo pochi minuti di visione passiva, di fronte ad un così rumoroso e simpatico circo, decido di non rimanere con le mani in mano. Mi pianto al lato della carreggiata e inizio a scattare. Dapprima un po’ così, con fare casuale, alzo la macchina fotografica sempre all’ultimo momento, quando l’auto mi è già sotto, come dire “scusate sono in ritardo, mica sono un fotografo esperto, sono solo un turista”. Cerco di rompere il ghiaccio, voglio capire che reazione hanno di fronte ad una macchina fotografica.


Mi è capitato spesso di non essere accettato come fotografo, cosi adesso metto in scena questa piccola verifica ogni volta che non sono sicuro della situazione e normalmente dà buoni risultati. Ed infatti mi accorgo che le persone, invece di irritarsi, si compiacciono, rallentano e alcuni, per facilitare il mio compito, fermano addirittura il mezzo. Le scene divertenti si susseguono, da quello che mi fa il segno dell’OK, ai ragazzi che iniziano a comportarsi in modo bizzarro saltando dentro la macchina, scimmiottando un qualche rapper americano. La colonna d’auto, già lenta di suo, a questo punto si è quasi del tutto fermata e si sta allungando a dismisura.

Mi ritrovo a gesticolare, avvisare che ho fatto la foto, tutto ok avanti, sotto a chi tocca. Ma nonostante il mio impegno a velocizzare le operazioni, da lì a poco sorge un imbarazzante problema: il traffico si è paralizzato e fondamentalmente per colpa mia; da dietro, in fondo alla via, qualcuno comincia a suonare il clacson. Ok scusate, smetto subito.

Mi sento di dover fare qualcosa per risolvere una situazione da me creata. Risoluto, smetto di fotografare, prendo la decisione di liberare il vigile urbano super eroe che c’è in me e mentre con le mani e le braccia gesticolo, ecco uscirmi queste parole: “avanti, dai, muoviti, c’è fila,” .

Un lavoro a Dubai l’avevo trovato. Mi era caduto addosso, anzi l’avevo inventato io. E’ stato divertente.

Forse é anche per questo che non riesco a farmela andare di traverso questa contrastante società.

Mi piace immaginare Dubai e la sua società come un immenso esperimento: “proviamo a creare dal nulla in pochi decenni, là dove ora c’é questa piccola città, una metropoli, abitata da gente super benestante che non ha bisogno di lavorare e vediamo cosa succede. Già, vediamo. Dai.”

Dev’essere stato simile il pensiero dell’emiro, quella volta.

E ora comincio a vederla come un grande organismo che vive bene e in salute solo se ogni sua parte è in armonia. Chi sta in alto e chi sta in basso sono funzionali al benessere dell’insieme. Infatti sembra che l’arricchimento esagerato dei pochi, in qualche modo, stia portando anche maggiori opportunità di lavoro per quelli che, altrimenti, non ne avrebbero avute.

Come immaginerete, i cittadini dell’emirato non praticano nessun tipo di lavoro fisico, la loro condizione è tale da potersi permettere tutta la manodopera che vogliono. Il loro campo d’azione sono la finanza, gli affari, il commercio. Tutte le altre attività vengono demandate ai cittadini immigrati.

Dubai, operai in pausa.

Tanta richiesta di manodopera, uguale tante opportunità di lavoro e di vita.

Calma però, voi che leggete, non mi fraintendete, non sto dicendo che quella società sia giusta, nessuna società raggiunge mai la mèta. Ci si può avvicinare, ma realizzare il meccanismo perfetto, no, lo reputo impossibile.

Quello che voglio dirvi é che una grande metropoli in costruzione ha bisogno di manodopera in abbondanza di ogni tipo, che dopo aver costruito i grattacieli, i centri commerciali, i parchi divertimento e quant’altro, sarà chiamata anche al mantenimento e alla manutenzione delle strutture realizzate. La città, inoltre, avrà bisogno di altre migliaia di persone per il funzionamento quotidiano di tutte le sue strutture. Giusto?

E se questo qualcuno si chiama Abhik, Bholanath oppure Ismail, Fathi o Imad, forse per lui il guadagno ottenuto a Dubai è superiore a quanto avrebbe mai potuto ottenere nel suo paese d’origine.

Dubai, operai edili attendo il pulmino che li porterà agli alloggi.

E’ un patto, un contratto stipulato tra parti: io offro, tu accetti. Chiaro e corretto. Non perfetto. Sicuramente con ampi margine di miglioramento, soprattutto per quanto riguarda le condizioni e gli orari di lavoro, ma comunque, un ottimo affare per chi accetta, se consideriamo che un immigrato del Bangladesh è così in grado di passare da un redditto mensile di poche decine di dollari a $ 300/400 al mese. Lui ha migliorato la sua condizione sociale di partenza e ha migliorato senza dubbio anche le condizioni di vita della sua famiglia.

Proviamo a vederla così: confrontiamo le aspettative di miglioramento della condizione dell’immigrato del Bangladesh con quelle che si sono materializzate, negli ultimi anni, per le nuove generazioni nel nostro evoluto, ricco e ipocrita paese. In Italia sì che si sta attuando una gravissima ingiustizia sociale, i giovani sono lasciati precari, nell’incertezza per tutta la vita, sotto ricatto, derisi e sfruttati dai datori di lavoro, in cambio di due soldi e un po’ di stupido benessere. Il miglioramento delle status quo, con le attuali regole di mercato e le vigenti leggi sul lavoro, per una buona fetta della popolazione è ormai un mero miraggio, un’illusione, un inganno. Penso che la fantomatica crisi che affligge la nostra economia non sia più risolvibile, le sue cause risiedono alle basi, nei principi che la governano.

Mi sembra ormai evidente che sia necessario rinnovare profondamente le regole dell’economia nostrana, le basi stesse su cui si regge il sistema. Il profitto senza limite, il gioco del denaro virtuale, i guadagni stratosferici dei manager, nonostante i cattivi risultati, la mancanza di meritocrazia, il controllo del potere da parte delle lobby economiche, la politica al servizio dell’economia e non del popolo. Ed ora la mossa finale, l’economia che si è fatta politica. Sono tutte conseguenze negative di questo sistema.

Cosa dire di questa situazione?

La crisi è una grossa truffa.

Un controsenso. E grazie a questo inganno, stanno cercando di propinarci medicine sociali, sacrifici di diritti, che dovrebbero risollevare le nostre sorti e ridarci qualche chance per il riscatto.

E’ come se per curare una malattia fosse lo stesso virus a proporre ed attuare le strategie per la cura.

I futuri genitori, ora precari, non potranno aiutare i figli, come i nostri sono riusciti a fare con noi, non ne avranno le disponibilità economiche. E quindi cosa succederà fra qualche anno? E’,quindi,  evidente come la nostra dinamica sociale sia molto più ingiusta e degna di sdegno rispetto a quella in corso a Dubai. Inutile che ci nascondiamo dietro falsi principi, del tutto disattesi dalle nostre patrie società. Il patto sociale tra generazioni, da noi, si è rotto. E’ stato disatteso, dagli stessi padri che l’hanno generato e che ne hanno goduto.

Programmare uno stato di necessità?

A che scopo e perché avviene tutto questo? Perché le vecchie generazioni hanno rotto il contratto sociale? E soprattutto, cosa si aspettano, da questa nuova situazione? Non posso credere che tutto stia avvenendo per puro caso, come una conseguenza non calcolata di alcune fantomatiche crisi economiche. Per cui, provenendo da una società come la nostra e vedendo che le cose, nonostante gli appariscenti contrasti e le evidenti differenze tra chi ha tanto e chi ha poco, in qualche maniera funzionano e hanno una direzione precisa, mi rende indulgente e tollerante .

E mi rendo conto che tutto ciò che ho visto a Dubai, alla luce di quello che sta succedendo a casa nostra, può assumere un significato di giustizia sociale.

Dubai, operai a fine turno.

E quindi come posso giudicare negativamente Dubai e il suo sistema?

Lì, una società velocemente in evoluzione verso l’alto, una società dove il contratto sociale è rispettato, un organismo che funziona bene, dove tutte le persone che hanno accettato le sue regole sono soddisfatte. Qui da noi, invece, cosa?

Ecco cos’è per me Dubai: l’incarnazione della speranza di una vita migliore per migliaia di immigrati.

.

Un esempio di quello che il nostro sistema dovrebbe essere anche per noi, il ricordo di quello che è stato e che forse non sarà mai più.

Dobbiamo cambiare le regole del gioco.

Ma per fare questo ci vuole forza, ci vuole coraggio, ci vuole disperazione.

Forse un giorno ci alzeremo compatti e urleremo la nostra rabbia.

Un giorno ..

Voglio fare una breve dichiarazione al lettore:

lo ammetto, il ritratto che mi sono fatto di Dubai può essere discutibile e forse da alcuni anche smentito, non ho studiato così a fondo quella società e per cui non vi chiedo di accettare le mie parole come oro colato.

Io ho solo apprezzato lo spirito che anima quella città.

La sua schiettezza, la sua voglia di essere migliore di altri posti.

E per questo la ringrazio, avermi fatto vedere cosa vuol dire crescere ed offrire delle possibilità, mi ha rincuorato, mi ha mosso dentro qualcosa.

Ciao Dubai, spero di non sbagliarmi su di te.

Dubai vista noturna dal Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo.

Dubai 3° puntata

03 venerdì Feb 2012

Posted by Admin in Dubai, Reportage, Street photography

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Dubai, reportage, street photography, viaggio

Quindi strappate le pagine della guida turistica con le parole “vecchio”, “tradizionale”, “antico” e ritrovata casualmente la “città normale”, dopo aver camminato per le sue vivissime strade a due corsie per senso di marcia e fatto un po’ di fotografie, diciamo che mi sento soddisfatto. Cerco un taxi, fatico un po’ perché nella vecchia Dubai i taxi stanno ovviamente alla stazione delle corriere, proprio come da noi. E mentre tornavo all’albergo, nella parte nuova di Dubai, mi rendo conto che è ancora troppo presto per andare a letto e non ho sonno, ho voglia di fare ancora qualcosa, per cui decido di fare due passi per la zona pedonale chiamata, con tono di grandezza, The Walk.

Dubai nuova, la camminata The Walk.

Dovete sapere che Dubai, come ve l’ho descritta nei post precedenti, è una città che, fino a pochi anni fa, non ha lasciato grande spazio alla vita pedonale dei suoi abitanti.

La semplice e naturalissima azione del camminare, da noi comunemente praticata e caldamente consigliata da qualsiasi medico, qui rappresenta una novità per molti motivi. Passeggiare a Dubai può essere considerata un’attività del tutto innaturale e molto spesso alquanto pericolosa per la salute. Non è quindi solo una questione di pigrizia fisica e mentale dei suoi cittadini, esistono delle cause oggettive che giustificano questo strano fenomeno. La stessa struttura cittadina è costruita per rispondere a questa esigenza: enormi centri commerciali, larghe strade, piccoli marciapiedi. Per cui è raro vedere gente a piedi o in bici, i cittadini sono abituati a spostarsi in macchina o al massimo con i mezzi pubblici.

La causa di tutta questa inerzia è da ricercare nel clima della zona che per la maggior parte dell’anno è del tutto insopportabile: infatti per 8/9 mesi dell’anno il solo pensare di stare per la strada, sotto il sole, e senza aria condizionata è veramente cosa da suicidio meditato. Le temperature, da febbraio ad ottobre, oscillano tra i 35c° e i 45c°, con tassi di umidità del 90% che fanno concorrenza diretta alla nostra bagnata pianura padana in luglio/agosto. Quindi è ovvio che tutta la vita sociale sia stata organizzata in luoghi climatizzati, tanto più ancora le attività fisiche, come per esempio il passeggio. Solo nei restanti mesi la temperatura diventa gradevole ed oscilla tra i 22c° e i 30c°.

Da settembre a febbraio il clima offre la possibilità di vivere all’aperto, e visto il breve periodo propizio, il godersi le piacevoli temperature invernali diventa un lusso e come tale è stato organizzato. A questo fine l’Emiro ha fatto costruire attorno ai nuovi complessi edilizi grandi passeggiate, tutte super attrezzate con ristoranti, bar e negozi.

Dubai, The Walk.

Una di queste, da poco ultimate, è appunto quella nominata con grande enfasi The Walk. Di che si tratta? E’ un grande viale con un’area calpestabile larga una trentina di metri, costeggiata da una strada con una sola corsia per senso di marcia. Nella parte pedonale si materializza lo spirito commerciale e spendaccione della ricca cittadinanza, i negozi di firma ed i ristoranti si contendono ogni metro a disposizione. Qui puoi trovare di tutto, dai mobili vintage alle scarpe, dal cibo Thay al classico ristorante italiano fino alle grosse catene di caffè americane. Insomma la camminata è super attrezzata per permetterti di trascorrere delle felici ore di libero shopping alternato a pause ristoratrici per ogni gusto, esigenza e tasca. Turisti e abitanti del luogo si mischiano e si confondono. Ragazze occidentali in abiti succinti e donne arabe, con i loro completi tradizionali, passeggiano le une affianco alle altre.

Ma, cosa alquanto inconsueta per un paese arabo islamico, è la facile possibilità di assistere a delle strane accoppiate: mamme con il vestito tradizionale, lunga veste nera e viso semi coperto, che accompagnano figlie attrezzate con scarpa tacco 12 , minigonna e scollatura seno molto aggressiva.

Anche tra gli uomini la tendenza ad abbandonare i costumi tradizionali è evidente: accanto ad elegantissimi signori vestiti con la lunga veste bianca e ciabatte di pelle, è facile imbattersi in gruppi di ragazzi in jeans, scarpe da ginnastica, capelli colorati, gel, orecchini, e tatuaggi di serie. Le stesse scene si verificano sulla spiaggia, convivono assieme donne arabe con costume da bagno completo, così che nessuna parte del corpo viene mostrata al pubblico, e ragazze sia arabe che occidentali in bikini.

Dubai, la spiaggia.

Dubai, una coppia di fidanzati.

Tutto ciò mi fa sorridere e rende la mia visita alla città meno pesante, mi sento come uno spettatore e lo spettacolo è il cambiamento di una società, in diretta, sotto i miei occhi. Il vecchio e il nuovo convivono nello stesso posto, nella stessa famiglia.

Questo mi fa riflettere e meditare. Penso.

Gli usi e i costumi di questa società stanno mutando con una tale velocità da lasciar senza fiato. E immagino che qualcosa del genere stia avvenendo anche nelle menti e per le idee di queste persone.

Dubai è forse l’unico stato islamico dov’è in atto un radicale cambiamento con il consenso e l’incoraggiamento delle autorità locali. Mi sento quasi felice davanti a questo spettacolo. Assisto all’inaspettata tolleranza delle vecchie generazioni verso il nuovo, verso le nuove generazioni.

Forse che il benessere, prodotto ed imposto quasi artificialmente, quasi indotto, l’apertura verso il mondo occidentale, la vocazione al turismo stiano portando anche degli inaspettati effetti positivi, innovativi sulla popolazione locale?

Che il dio denaro forse per una volta stia portando con sé anche qualcosa di buono?

Dubai, quartiere La Marina, operai edili pachistani hanno appena finito il turno.

Ed infatti, al mio arrivo a Dubai e nelle mie prime esplorazioni per la città, non capivo cosa c’era in questa gente e in questo posto che mi coinvolgesse cosi positivamente e che, nonostante le evidenti differenze tra i cittadini, mi facesse sentire a mio agio. E non comprendevo completamente perché non mi sentissi in torto, in contraddizione con i mie principi e la mia morale.

Infatti mi sono scoperto ad impormi un’opinione negativa nei confronti di quello che vedevo attorno a me, e nonostante il mio meditare sulle conseguenze negative di un tale prepotente e spocchioso salto in avanti, qualcosa inspiegabilmente sempre mi riportava a non eccedere nei miei giudizi negativi.

Dubai, quartiere La Marina, due operai edili si godono il dopo lavoro.

Secondo il mio personale modo di vedere, l’irraggiungibile condizione di benessere di una parte della società, se confrontata con la umile e normale vita quotidiana dei più che lavorano per sbarcare il lunario, crea un meccanismo di divisione di classe del tutto inaccettabile e intollerabile. Questo meccanismo basato sulla disuguaglianza ritengo porti all’accumulo di tensioni sia dal basso verso l’alto, che di conseguenza, in direzione opposta, porti diffidenza e disprezzo, rendendo quindi inevitabile arrivare ad un generale degrado delle condizioni di vita dell’intero sistema.

Sulla base di questo mio pensiero, Dubai dovrebbe rappresentare il male assoluto, l’ultimo posto al mondo in grado di piacermi, eppure,sin dall’inizio non sono riuscito a farmela dispiacere.

Qualcosa mi rendeva ottimista, da principio non avevo capito, non vedevo i particolari delle cose che invece il mio istintivo senso di giustizia stava già immagazzinando ed analizzando.

Durante le mie passeggiate per la città ho notato che le persone irradiavano uno strano senso di serenità. Questa emozione traspariva sia dalle facce di chi era alla guida di una Mercedes che da quelle di chi vedevo lavorare in un cantiere edile. Non ho mai incontrato sui volti delle persone emozioni drammatiche. Al contrario di quello che vedo nella nostra evoluta e giusta società italiana. Quindi le cose sono due: tutti gli abitanti di Dubai sono dei grandissimi attori, e allora consiglierei a qualche regista di fare casting sul luogo, oppure c’è qualche altro motivo che rende queste persone soddisfatte della loro condizione di vita.

Per cui non me la sento di emettere definitivamente una sentenza di condanna.

Dubai 2° puntata

24 martedì Gen 2012

Posted by Admin in Dubai, Reportage

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bastakia, Dubai, Emirati uniti, fotografia, viaggio

E arriva sera,

Dubai la sera può offrire diverse cose da fare, tutte sono incentrate sul commercio o sul lusso. I centri commerciali non chiudono prima delle 23, i ristoranti sono aperti fino a tardi e colgono qualsiasi occasione. Molti alberghi sono farciti di locali modaioli, come il Buddha Bar. Ma se per caso cerchi qualcosa di diverso, una passeggiata romantica, un tête-à-tête con il tuo sogno, c’è la possibilità di far visita alla città vecchia, Bastakia. Vedere le sue tipiche costruzioni arabe e i suoi frequentissimi e ravvicinati negozietti.

Bastakia notturna.

Il Souk dell’oro, delle spezie. Le guide turistiche ti aiutano raccontandoti di posti di tal rumorosa e profumata meraviglia. Ma la realtà ovviamente è altra cosa. La delusione è purtroppo grande, non vi aspettereste mica di trovare davvero una vecchia città a Dubai? No, vero,  infatti di vecchio non c’è niente. La vecchia città è un restauro cosi ben riuscito che ha perso tutto il suo fascino antico. E infatti scendo dal taxi, guardo un po’ stupito il tassista e gli chiedo nuovamente dove sia la città vecchia. Lui mi risponde che devo solo guardare, è là, davanti ai miei occhi. Ok dico, andiamo a vedere. Subito, l’insieme delle costruzioni non si presenta molto bene, è come entrare in un museo, sai già che tutto quello che vedrai non c’è più. Un museo molto curato e ben pulito. Troppo. Il souk che dovrebbe esserci non c’è, si c’è, ma le sue strette viette sono ad uso e consumo solo dei turisti che, affamati di preziosi ricordi, si gettano tra le braccia di venditori molto diplomatici. Gli inquilini della vecchia città certamente non vi abitano e certamente non vi fanno shopping.

Dubai, Bastakia, un venditore di spezie.

Cosi, dopo aver gironzolato per una mezzora, me ne vado un po’ deluso e con la nascente convinzione che forse in questa città quello che colpisce e merita di essere visto non è certamente la sua storia ma l’evoluzione del presente e la forza con cui si sta lanciando in avanti nel futuro. Lo spettacolo del moderno a tutti i costi e del bello per forza, quello mi lascia a bocca aperta. Certamente non un artificiale restauro di un vecchio quartiere aggiornato in edizione buona solo per far spendere un po’ di soldi.

La stessa spiacevole scoperta avviene alla visita di un altro luogo molto reclamizzato, il souk di Madinat. Anche qui ovviamente ci si giunge in taxi. Scendi, schivi qualche autobus carico di turisti e sali al primo piano su per una piccola scalinata. Un moderno antichizzato centro commerciale ti accoglie con i suoi tre piani bene organizzati. Corridoi e stretti passaggi. Urbanisticamente l’interno ricorda viette colme di botteghe e infatti si vende di tutto, dalle chincaglierie all’oro. Ma manca quel profumo di vecchio, il caos, l’anarchia delle voci del mercato che si sovrappongono e ti guidano, manca quel meraviglioso senso di leggerezza capace di rapirti per ore. Ma non mancano i ristoranti e i bar, si passa dalla pasticceria francese al ristorante “da Franco” in stile italian super lusso. Scali da un piano all’altro con la speranza di ritrovare ciò che ti aspettavi ma ti accorgi che sei nell’unico souk dove non vieni aggredito dai commercianti, sei in un normalissimo centro commerciale. E allora chiamiamolo semplicemente con il suo nome.

E’ vero, cedo alla tentazione e il mio lato critico prende il sopravvento e si lascia andare ad opinioni poco positive. Non che mi aspettassi altro, ma un po’ forse ci speravo. Quando sento la parola souk mi viene una strana vertigine e mi coglie la voglia di infilarmici dentro e vivere con forza il suo caos.

Ho capito, ho deciso, è colpa mia, ancora un volta mi sono fatto ingannare dal mio romanticissimo senso del viaggio. Pare che l’unica soluzione sia strappare le pagine della guida con la parola “antico”, “tradizionale” e mantenere solo la parte che parla del “moderno” e dello “spettacolare”. Questo non è un posto normale. Qui non si incontra il passato. Qui è il presente che ti presenta il passato. Il vecchio è morto e lo si ricorda come si fa per i personaggi famosi, con una bella statua di cera dentro un museo. Ma io non mi voglio rassegnare, sono convinto che Dubai debba essere anche qualcos’altro.  Quindi, da inguaribile ottimista quale sono, mi ritrovo nuovamente immerso nella spasmodica ricerca di questo altro! Non voglio credere che Dubai sia solo ora, oggi, domani e non anche ieri!

Esco pieno di rimorsi per il tempo perso, niente taxi in vista, mi suona strano. Ok, non mi scoraggio e comincio a camminare per le vie. E mi ritrovo in una insolita situazione. Le strade si sono ristrette, una o due corsie per senso di marcia, semafori, incroci pedonali, stop. Auto a misura umana, si vedono addirittura delle utilitarie. Zero Porsche, zero ultimo modello extra lusso della Rolls Royce con vernice nero opaca ruvida.

Dubai, una via nei pressi di Bastakia.

Ma quale posto è questo? Eccola, forse l’ho trovata finalmente la nuova, non è la nuova, cioè si, ma no, voglio dire è la vecchia, no, la parola giusta è “la città”. La normale città moderna araba, un po’ vecchia, un po’ nuova. Normale. Mi sento sollevato!

Dubai, zona Bastakia.

Adesso il viaggio può riprende il suo corso e quasi mi passa quella brutta sensazione che mi aveva colto all’interno del finto souk. Bene, sento che non è stato tutto tempo perso.

E’ sera, ma tutti sono super attivi, indaffarati, i negozi sono aperti, vie interamente illuminate dalle insegne commerciali, luce anche di notte. Cammino con la mia macchina fotografica al collo, per strada la gente un po’ mi guarda stupita, immagino che i turisti non vengano spesso qui. Passo davanti ad un supermercato, entro, sono curioso di vedere cosa si vende, impaziente mi infilo tra le sue corsie. Sugli scaffali scopro normali prodotti per la casa, alimentari, latte, snack, piccola bigiotteria, qualche vestito a basso costo. Il basso costo anche a Dubai? E’ tutto vero.

Dubai, zona Bastakia.

Passo per una via interamente occupata da negozietti di componenti per computer.  Vengono continuamente scaricate da furgoncini, simili ai nostri Fiat Ducato, pacchi e pacchetti contenenti ogni tipo di merce.

Dubai.

Un’altra via è dedicata alla vendita di catene, catenine e monili in oro, di buonissima fattura, così sembra. Mi fermo davanti ad una gioielleria, dall’interno mi vedono straniero ed interessato, esce un uomo indiano di mezza età che mi rivolge la parola. Entrambi facciamo le lodi del gioiello esposto, mi dice che è stato fatto in Italia, a Firenze. Allora io rispondo in italiano, lui ride e mi propone un buon prezzo.

Continuo la mia emozionante passeggiata. Un tipo strano mi approccia e con aria un po’ malavitosa, mi propone un rolex sottocosto; niente da fare. Lo capisce subito. Passa una macchina della polizia e con fare indifferente e camaleontico l’uomo si appoggia nuovamente con la spalla al suo angolo di strada. Accelero il passo, rallento, osservo, scatto qualche immagine senza dare importanza all’azione.

Dubai, zona Bastakia.

Dubai.

Riguardo le foto sul display della macchina fotografica, voglio assicurarmi di non aver commesso errori, osservo le immagini appena scattate. Non sono convinto, hanno qualcosa di strano, non riesco a capire le sensazioni che mi danno, sono perplesso. Spengo il monitor, scivolo di strada in strada, guardo i volti delle persone, scruto i loro atteggiamenti. Questa volta non faccio foto, mi limito ad osservare. Quella stonata sensazione non mi molla, penso di aver sbagliato qualcosa e allora, arrivato in un punto ben illuminato da un’insegna luminosa, riaccendo il display della macchina fotografica e scorro con impazienza gli ultimi scatti.

Ora le immagini mi trasmettono uno strano senso di famigliarità e di conosciuto. E capisco: ecco cos’era che non andava, no anzi, che andava benissimo.  Le fotografie erano così in contrasto con quelle scattate nella nuova Dubai da sembrarmi sbagliate.

E mi rendo conto che riconosco le facce delle persone. Ma sì, mi accorgo che sono le stesse persone e le stesse facce che vedo nella città nuova, nei bar, nei ristoranti, negli hotel, nei parcheggi, per la strada a raccogliere i rifiuti, guidare i taxi, fare il caffè, sistemare la mia camera d’albergo.

Sono loro, che sollievo.

Dubai ti ho trovata!

Dubai

17 martedì Gen 2012

Posted by Admin in Dubai

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Dubai, Emirati uniti, fotografia, reportage, viaggio

Dubai

Dubai, quartiere La Marina, vista dal 44° piano.

In dicembre ho avuto la possibilità di trascorrere qualche giorno negli Emirati Uniti, nella città di Dubai.

Con questo post voglio iniziare a raccontarvi il mio viaggio in questa strana metropoli piena di contraddizioni.

Partiamo con qualche dato: Dubai fa un milione e mezzo di cittadini, di questi solo il 20% è cittadino dell’emirato il resto è costituito principalmente da immigrati pachistani, indiani, e bengalesi. La città è stretta tra il mare e il deserto. Per la sua favorevole posizione geografica sul mare è da sempre stata un importante porto e una base commerciale molto vantaggiosa sulla via delle Indie. Per questo motivo, nei secoli passati, è stata oggetto delle mire dell’Impero Ottomano prima e dell’Impero Britannico dopo. Nel 1971 in seguito al disimpegno degli Inglesi, l’emirato di Dubai, Abu Dhabi e altri 5 piccoli emirati costituirono la federazione degli stati Emirati Uniti. Lo sviluppo della città è legato alla scoperta del petrolio, avvenuta negli anni ’60. Grazie ad esso l’emirato ha potuto crescere a dismisura e ad assumere le sembianze attuali. Dubai oltre ad essere un importante produttore di petrolio è diventato una delle principali piazze d’affari del mondo, infatti la mancanza di imposte statali sulle merci e l’assenza di tasse a carico delle aziende e dei cittadini l’hanno resa zona franca e un’ottima piazza sia per gli scambi commerciale che per l’insediamento delle sedi di molte società straniere.

Dubai, quartiere La Marina

Negli ultimi due decenni la città ha avuto un incredibile sviluppo urbano, che si è tradotto nelle costruzione di avveniristiche infrastrutture, nei mastodontici grattacieli spuntati su come funghi in ogni suo quartiere, uno tra tutti il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo, solo mt 828, inaugurato nel 2010.

Insomma avete capito di che tipo di città vi sto parlando.

Il primo impatto.

Dubai, la camminata nel quartiere La Marina.

L’arrivo in un concentrato simile di edilizia spettacolare crea come prima reazione: sconcerto, stupore e uno strano senso di nanismo. Cominci a guardare tutto dal basso all’alto, fino a perdere il senso dell’orientamento. Ci si deve un po’ abituare, perché i punti di riferimento non sono più i cartelli stradali con le indicazioni delle vie ad altezza d’uomo, ma istintivamente ci si deve orientare prendendo come riferimento i palazzi che dominano l’orizzonte. E cosi, camminando e camminando, ad un certo punto, ci si accorge di avere un grosso problema da risolvere e si viene colti ancora una volta da stupore ed incredulità: come cambiare lato della strada?

Dubai.

Tenete presente che anche le strade, come tutto a Dubai, sono di nuova costruzione, con le loro tre corsie, almeno, per senso di marcia assomigliano più alle nostre tangenziali sia per dimensioni che per intensità di traffico, e sto parlando semplicemente delle strade all’interno delle città! Quindi la naturale necessità del comune pedone di attraversare una strada, cosa che nelle nostre realtà urbane facciamo con semplicità, nel circuito cittadino dell’emirato avviene invece con estrema difficoltà. L’attraversamento va organizzato per tempo, ancora prima di scegliere la direzione di marcia, devi avere ben chiaro in mente la tua meta, se sta al di qua o al di là. Esiste il serio rischio che camminando e soggetti a nanismo mentale, si debba tornare indietro e ripartire dallo start per calpestare il giusto lato pedonale, oppure capita che pur di non ammettere di aver percorso invano centinaia di metri, ci si impunti e cosi si continui per la propria direzione, confidando nella nascosta vicinanza di un provvidenziale incrocio pedonale. Errore!

E’ sempre meglio tornare indietro e iniziare il percorso cittadino con il piede giusto.

Capirete inoltre cosa siano le strade dette “tangenziali”: sette corsie per senso di marcia, costantemente percorse da migliaia di autoveicoli e spesso incredibilmente intasate.

Dubai, la tangenziale.

Sempre per strada, il rumore!

L’udito è costantemente sollecitato dai rumori: motori di macchine di grossa cilindrata, martelli pneumatici che perforano e bucano.

Grattacieli che prendono vita! Sembra di vederli crescere. Oggi, solo pareti di cemento armato, domani come per magia invece si trasformano in lucidissime lame di vetro scuro.

Sembra di vedere un video ben montato che racchiude in un giorno gli eventi di mesi e mesi.

Per le strade circolano quasi unicamente super cars e camion carichi di materiali edili. Pulmini colmi di operai pakistani, bengalesi, indiani, che guardano dai finestrini la città artificiale, che loro stessi stanno costruendo.

La strada obbliga i due opposti ad incontrarsi a guardarsi negli occhi.

Dubai, un camioncino con il suo carico di lavoratori.

I bolidi sfrecciano e superano gli operai sugli autobus come a affermare la differenza, ad evidenziare la contraddizione. Il contrasto è sferzante, colpisce con forza ed arroganza.

Tutti i sensi sono coinvolti !

Apprezzare l’iper attivismo costruttivo, l’isterica corsa verso il moderno e la dedizione al lusso o fare il salto d’opinione e prendere posizioni critica?

Dubai, un gruppo di operai edili in pausa pranzo.

Per le strade di Dubai, questo pensiero mi punge la coscienza!

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